Il marketing emozionale
La relazione tra gli elementi “emozionali” e il packaging
Possiamo sintetizzare questo fattore con una frase inglese: “See a need, package a need”, “vedi un bisogno, confeziona un bisogno”.
Fuori dalla traduzione letterale possiamo dire anche che: “se c’è un bisogno, nella società dei consumi di massa quel bisogno va confezionato”;
o anche che: “non c’è un bisogno senza una confezione”, dove i bisogni e la confezione vanno intesi in maniera indissolubile, fino ad arrivare al punto
in cui può essere la stessa confezione a indurre un bisogno.
Naturalmente, come per la pubblicità in generale, anche la progettazione della confezione segue la gerarchia dei bisogni teorizzata da Abraham Maslow.
Nel 1954 Maslow presentò il suo studio su bisogni e desideri. In psicologia il bisogno indica la mancanza di uno o più elementi che costituiscono
il benessere di una persona. Egli teorizzò cinque differenti livelli, dai più elementari (quelli legati alla sopravvivenza), arrivando ai più complessi (legati all’identità personale e al ruolo sociale).
Essi sono:
– Bisogni fisiologici (ossia quelli legati alla sopravvivenza, come mangiare, bere, ecc.);
– Bisogni di salvaguardia (che implicano il senso di protezione e di sicurezza);
– Bisogni di appartenenza (come l’affetto di un altro, l’identificazione in un gruppo);
– Bisogni di considerazione (il riconoscimento, il prestigio, la stima, il successo);
– Bisogni di autorealizzazione (consapevolezza di se stessi attraverso la realizzazione della propria identità e delle proprie aspettative, assumendo un ruolo significativo all’interno di un gruppo sociale).
Se adottiamo questa piramide dei bisogni per il package, allora cominciamo a capirne anche la costruzione dell’idea. e possiamo tranquillamente affermare che il package risponde alla scala dei bisogni a seconda del prodotto che contiene.
Testo liberamente tratto da “Tecnologie dei processi di produzione” di Ferrara, Ramina
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