Non mangiare niente che la tua bisnonna non riconoscerebbe come cibo.
Michael Pollan, “In difesa del cibo”
Studio4 si allinea a Slowfood proponendo una nuova visualizzazione dell’etichetta che affianca l’etichetta obbligatoria e accanto alle indicazioni previste dalla legge, fornisce informazioni sui produttori, sulle varietà vegetali e sui territori dove sono coltivate, sulle razze animali allevate, sulle tecniche di coltivazione, di allevamento e di lavorazione, sul benessere animale…
Per giudicare la qualità di un prodotto, infatti, non bastano analisi chimiche o fisiche e non è sufficiente neppure la degustazione. Qualunque approccio tecnico non tiene conto di ciò che sta alle spalle di un prodotto – l’origine, la storia, la tecnica di trasformazione – e non consente al consumatore di capire se un cibo è prodotto nel rispetto dell’ambiente e della giustizia sociale.
La comunicazione che accompagna normalmente i prodotti infatti, spesso è mistificante: fa riferimento a mondi contadini colmi di poesia, presunte tecniche tradizionali, vaghi richiami a sapori antichi.
Elementi evocativi in realtà lontanissimi dalle effettive qualità dei prodotti pubblicizzati.
Lo testimoniano gli elenchi di additivi e ingredienti di natura ignota ai più riportati sulle etichette dei prodotti che riponiamo nei nostri carrelli della spesa, lontani anni luce dalle immagini e dagli slogan della pubblicità, e scarseggiano le informazioni che possano consentire scelte consapevoli.
Spesso sono addirittura i prodotti più sani e autentici a essere penalizzati: le loro etichette sono legali ma scarne, e non rendono giustizia ai formaggi, ai dolci, ai salumi straordinari sui quali sono applicate.
Secondo Studio4, la qualità di un prodotto alimentare è innanzi tutto una narrazione, che parte dall’origine del prodotto (il territorio) per raccontare tutte le fasi successive di lavorazione. Soltanto la narrazione può restituire al prodotto il suo valore reale.